mercoledì 24 agosto 2011

QUANDO FACEBOOK FA LA SPIA

Ti passa per la testa una cosa e la posti su facebook. Fai una vacanza in montagna e ne posti la foto su facebook. Ti piace Maria De Filippi e lo posti su facebook.
Il concetto di privacy con l'avvento dei social network si è completamente deformato e trasformato in qualcosa di opzionale, quasi di inutile. In un tempo in cui le persone sentono il bisogno di sentirsi giudicati dai pollici in su (like) e giù (unlike) e di sentirsi in qualche modo partecipi alla vita "socio-virtuale" di FB aggiornando il proprio stato e postando le proprie esperienze esterne reali, molto spesso ci si abbandona all'innocente idea che ciò che noi utilizziamo come passatempo non porti a delle spiacevoli conseguenze.
Ma quante se ne sentono di coppie che si lasciano per colpa di questo social network? Un partner viene menzionato (taggato/incastrato) in una foto assieme a compagnie sospette ed iniziano i litigi che portano alla rottura. Oppure dei semplici attacchi di gelosia. Anche attraverso dei controlli incrociati, e cioè passando per le bacheche e le foto di altri, si può facilmente aggirare la linea Maginot di un utente molto riservato. Non c'è scampo.
E così come un partner ossessivo o una multinazionale studiano i comportamenti degli account per i propri fini, talvolta anche le forze dell'ordine decidono di servirsi di tale strumento per stanare i ricercati.
Quello che è successo al latitante Salvatore d'Avino ne è un esempio concreto, così come nel 2010 lo è stato un rapinatore napoletano. L'articolo su D'avino.
Entrambi sono stati traditi da Facebook. Entrambi sono finiti in manette.  L'articolo sul rapinatore.
C'è un luogo comune che afferma goliardicamente che "chi non ha facebook è fuori dal mondo" e forse è veramente così. Qualcosa deve aver spinto i due delinquenti a tornare sulla piattaforma sociale, forse perchè non si sentivano parte del mondo. Il rapinatore è stato incastrato per colpa di una bella donna, dietro la quale si nascondeva la polizia; il latitante è stato scovato indirettamente, con controllo "incrociato", grazie ad una foto postata dalla moglie incinta.
Sembra impossibile, eppure sembra proprio che non si sappia stare senza accedere alla home, aggiornare il profilo, commentare, linkare, stringere amicizie... è inevitabile. Così facendo, però, ci si abbandona completamente alle braccia fragili di un social network che sa i tuoi segreti, sa quello che ti piace, ti capisce e pare ti comprenda. Ma non è detto che non faccia la spia e che non racconti nulla a nessuno. Le info del nostro profilo dicono molto più di quanto si possa pensare e le foto che postiamo la dicono lunga sul nostro stile di vita e le nostre abitudini.
Recentemente è stata anche stilata un lista delle cose da non dire su facebook al fine di non precludersi la possibilità di farsi assumere da un titolare, perchè, già, anche i titolari amano questa forma di controllo.
E' quindi una minaccia o un miglioramento, questo Facebook? E' un amico leale o un ipocrita senza cuore? Ciò che è sicuro che è un arma a doppio taglio, un raccoglitore d'informazioni con cui ci si può ustionare e bruciare. Oppure marcire. In galera.

lunedì 8 agosto 2011

LA SUORA E WILE COYOTE (di Massimo Gramellini)

Di seguito ripropongo un articolo curato dal giornalista Massimo Gramellini per LA STAMPA, in merito alla situazione economica mondiale dopo il recentissimo tonfo della Borsa:

Ho implorato un amico della redazione economica di spiegarmi che cosa sta succedendo. «Hai presente Wile Coyote sull’orlo del precipizio, quando si aggrappa a una roccia che fra un attimo si sgretolerà? Ecco, Wile Coyote siamo noi». Non ho avuto il coraggio di chiedergli chi è Beep Beep. Mi sono invece tuffato fra le agenzie di stampa, alla ricerca di qualcuno che mi rassicurasse sulla solidità della roccia. 1. L’ufficio banalità della Casa Bianca: «I mercati salgono e scendono». 2. L’euro-banchiere Trichet, quello col carisma di una gelatina alla frutta: «In Europa non c’è la decrescita, ma la decelerazione della crescita». 3. Il presidente del Consiglio, in conferenza stampa: «Le azioni Mediaset sono solide, se avessi dei risparmi li investirei lì». 4. Il presidente di un ente pubblico (il governo) invita i suoi associati (gli italiani) a comprare azioni di un’azienda privata di sua proprietà (mi scuso per la ripetizione, ma è come con l’ipnosi: la prima volta uno non riesce a crederci). 5. Il ministro della Chiarezza, Sacconi: «Di fronte a una giornata di tempesta dei mercati finanziari e mobiliari, l’Italia nella sua convergente dimensione istituzionale, economica e sociale vuole rispondere all’instabilità globale accompagnando il percorso di disciplina di bilancio già delineato con la maggiore crescita». 6. La vicepresidente della Compagnia di San Paolo, suor Giuliana: «A questo punto non ci resta che pregare».
L'unica ad avere una strategia mi sembra suor Giuliana.

Da La Stampa del 05/08/2011.

giovedì 4 agosto 2011

FA COSI' RIDERE LA MAFIA?

Vignetta satirica di CartoonStock.com
Accendo la tv, come sempre all'ora di pranzo. Un'ora e mezza di pausa da lavoro, una sola se considero il traffico per tornare a casa ed eventuali problemi in ufficio, e le poche cose che propone la televisione sono sempre le solite da non so quanti anni. Non importa, non avrei il tempo di guardare un bel film o qualcosa di serio, devo mangiare, così metto la padella sul fuoco, aggiungo un po' d'olio e aspetto. Guarderò Studio Sport, che tanto inizia tra una decina di minuti. Qualche frivola notizia di calciomercato con cui pasteggiare in attesa di riprendere la macchina e tornare a lavoro. Tutto qui.
Ma ahimè, mancano una decina di minuti, e non so come ma riesco ogni volta a farmi rigirare lo stomaco guardando quello che tutti chiamano telegiornale, definizione su cui ci sarebbe molto da obiettare. Studio Aperto.
Un telegiornale nazionale che va in onda su Italia 1 e che non ha mai nulla di cui parlare. O almeno niente di importante. A volte torno a casa all'una meno dieci, altre ho la "fortuna" di vedermi Studio Aperto per ben venti o venticinque minuti, come dire un'eternità. Eppure non c'è neanche l'ombra di un servizio giornalistico, nemmeno di un servizio, a dire la verità. Nazionale, ripeto, nazionale.
La sera ci sono i TG regionali su Rai Tre che perlomeno hanno l'alibi di dover parlare solo di notizie che interessano una sola regione, quindi è probabile che tra i servizi venga inserito quello di 3 o 4 minuti sulla storia dell'arte o sullo scippo subìto da un anziano ad un supermercato. Le notizie, d'altronde, non sono facili da trovare in una sola regione.
Ma Studio Aperto può attingere da fonti infinite di informazione per creare qualcosa di più sensato e interessante, cosa che incredibilmente non fa. Questo telegiornale è solo una semplice rubrica che raccoglie le principali curiosità del mondo, ma non ha niente da dire giornalisticamente. E' vero che arrivo molto spesso ad accendere la tv quando le vere notizie dovrebbero essere in teoria già passate, ma ogni volta che anticipo il mio rientro a casa non trovo nulla di meno demenziale. Ma di politica quando parlano? E di economia? E della guerra?
Ogni volta buttò giù il boccone insieme allo stesso pensiero: Non è che arrivando solo 5 o 10 minuti dopo l'inizio del Tg, mi perdo tutti i servizi migliori?
Strano, però, che i servizi su Kate Middleton e sul suo buffo cappello durino 2 o 3 minuti, così come quello sulla patata che fa croc (se fa croc vuol dire che è buona, lo sapevate?) e quello sulle bocce quadre (quest'ultimo dura meno di due minuti. Clicca qui per vedere il servizio del TG).
Quanti minuti dedicano all'informazione seria? Mettiamo anche due o tre minuti a notizia, in tre o quattro servizi hanno già ultimato le cose da dire? Un pò stringati..
Mangio lo stesso, ma con la bocca aperta dallo stupore è impossibile masticare. Adesso c'è un servizio su Balotelli, sempre sul TG perchè Studio Sport non è ancora iniziato, e fin da subito la giornalista usa toni molto simpatici, quasi come raccontasse una storiella. Penso "ci sta, dato il soggetto di cui si parla", ma poi, sempre con tono scanzonato si fanno nomi di boss mafiosi, di Scampia e di amicizie malavitose e aggrotto la fronte perplesso. La voce fuori campo racconta che Balotelli avrebbe mangiato in un ristorante gestito dal figlio di un boss mafioso e che quest'ultimo lo avrebbe invitato al cospetto del padre nei quartieri di Scampia. Balotelli ci sarebbe andato senza fiatare e avrebbe fatto la conoscenza del camorrista. Questa è all'incirca la notizia della giornalista, mentre in tv scorrono le immagini registrate del giocatore in quella giornata campana. Quello che mi stupisce e allo stesso tempo mi sconcerta è tutto il contorno: il linguaggio pacato e forse anche troppo gentile della giornalista; il racconto descritto come un piccolo scandalo da gossip; la musica di sottofondo da stupida soap opera. Infine il triste commento finale per concludere con un sorriso. A Balotelli, colpevole nei giorni scorsi di aver parlato male della città in cui gioca attualmente, Manchester, ignoti hanno riempito la sua macchina di pesce avariato come gesto d'avvertimento o semplicemente per fargli uno scherzo. Serafico il commento della giornalista: "Chissà se chi ha compiuto quel gesto ha idea di quali conoscenze ha Balotelli.." con esplicito invito a fare attenzione ad andare contro il ragazzo.
Per fortuna che a quel punto non ho il boccone pieno, altrimenti risputerei tutto, non con un getto veloce, bensì con un lenta e schifata fuoriuscita di tutto quanto stia masticando. Okey, è una pessima immagine, ma che forse descrive al meglio il mio stato d'animo nell'ascoltare certi discorsi. Lasciando perdere il dramma di Studio Aperto per il quale mi sono già espresso, a livello più generale trovo demoralizzante constatare che certe piaghe sociali sono diventate oggetto di scherno e di scarsa rilevanza, qualcosa su cui ci si può scherzare tranquillamente. La Mafia, come parlare di un personaggio dei fumetti. Come un'allegoria che rappresenta le debolezze dell'italiano ma che in fondo lo identifica. L'uomo nero, il personaggio per antonomasia che fa paura a qualcuno, mentre altra gente ci scherza sù. "Guarda che arriva l'uomo nero, eh?" e si stende un grosso sorriso fin sopra le guance. Forse ci siamo dimenticati dei morti che la mafia fa ogni giorno anche solo imponendo il silenzio su alcune questioni, facendo dimenticare i martiri che hanno cercato di combatterla perdendo la vita. Quando un problema non si riesce ad affrontare, evitarlo o deriderlo non è la giusta soluzione. E' in certo senso fare il gioco vero e proprio della mafia. Le paure si esorcizzano ridendoci su, e quindi si scacciano via come se non esistessero. Esatto: la mafia non esiste. Proprio quello che cerca di inculcare da sempre. Ecco il concetto generale.Ed in fondo è il popolo italiano che ride di sè, perciò possiamo farlo quanto ci pare e piace. La realtà è diventata come una serie tv americana dove si scherza su tutto. Black Humor, lo chiamano.
Siamo i Soprano, siamo i film su Al Capone, una barzelletta da raccontare. Pizza, spaghetti e mafia, allora tanto essere noi i primi a scherzarci su. Ma sì!
E allora, se così dev'essere, la prossima volta mangerò un piatto di spaghetti con la fierezza italiana che mi DEVE contraddistinguere. E dopodomani la pizza. Oggi ho la carne, domani mi farò una spaghettata patriottica. 
Ho ancora fame, mi apro un pacchetto di patatine. Ne mordo una, questa fa croc. Sono contento: allora dev'essere ottima!

martedì 26 luglio 2011

LA NON PAZZIA DI BREIVIK

E' la cosa che viene più spontanea pensare: è un pazzo. Per quello che ha fatto, per come l'ha fatto, per la freddezza con cui ha ucciso dei ragazzi che stavano passando un tranquillo week end nei campi estivi sull'isola di Utoya. E' un pazzo, non c'è altro modo per definirlo. A parte "killer", che però da troppa umanità al personaggio; a parte "mostro" che però non si identifica troppo con il personaggio così lucido e deciso. Quello che rimane è comunque un aggettivo strozzato che non riesce a descrivere perfettamente il Signor (e anche definirlo signore è una forzatura) Breivik, l'assassino che il pomeriggio del 23 Luglio si è presentato vestito da poliziotto, ha raccolto una folla di ragazzi al centro di un campo e ha cominciato a sparare. Un gesto folle, oseremmo pensare. No, ha continuato imperterrito nella sua pazzia (?) ad inseguire i superstiti per l'isolotto e a finire con un colpo in testa i ragazzi feriti, indisturbato per oltre un'ora. Che cos'è allora Breivik? Tutto fuorchè un pazzo. Non bisogna cadere nella tentazione di etichettarlo come una persona incapace di intendere e di volere, o un fanatico che ha perso la percezione della realtà ed ha commesso un gesto sconsiderato. La pazzia, per molti killer, è una forma di ultima chance per salvare la propria pelle o per far cadere un minimo di colpevolezza. Che cosa volete, è un pazzo, finirà in un manicomio criminale. 
E' quello a cui puntano molti avvocati quando vedono che non c'è più niente da fare, le prove sono ineluttabili e non sanno più come difendere il proprio cliente. L'ultima carta da giocare per ottenere un pò di sconto, o comunque per incanalare un processo verso una sentenza nei confronti di un malato di mente, è l'infermità mentale.
Ma Breivik non ha nessun deficit mentale. Il suo cervello funziona bene, anche troppo, ed è stato in grado di programmare un attentato colossale, una strage curata nei minimi dettagli. Dal 2009 progettava come compiere queste operazioni, ha raccolto armi, munizioni, appuntando tutto in quelle che adesso sono le memorie di quell'assassino. Ha fatto quello che era necessario, ha detto al suo avvocato in uno dei suoi primi incontri, per sconfiggere il multiculturalismo marxista che stava rovinando il paese. Con tutti quegli stranieri, gli islamici... Breivik è un tipo tradizionalista fomentato da errate interpretazioni di testi sacri e da letture politiche filonaziste. Tutt'ora vorrebbe presentarsi al processo in divisa, segno che le sue idee le ha ben radicate dentro la testa. 
Possiamo ancora considerarlo malato di mente? Ma cos'è la malattia mentale? Non certo un atteggiamento incondivisibile portato all'estremo delle proprie azioni. Le idee possono essere differenti per ognuno di noi, così il nostro modo di pensare o di agire, ma non per questo veniamo considerati pazzi oppure dei geni. Così anche gli assassini hanno diversi modi di agire e di pensare. Quello che fa veramente la differenza, quello che determina con ineccepibile certezza che quell'individuo è pazzo e l'altro no, è la logica coerenza dell'azione di una persona. La strage di Breivik aveva uno scopo preciso ed era spinto da ideologie xenofobe e naziste. Xenofobia: la paura dello straniero, che comunque non rientra tra le malattie mentali.
L'assassino sta dichiarando con tutto se stesso la sua intolleranza all'integrazione. Ha voluto lanciare un messaggio chiaro di resistenza alla globalizzazione, al miscuglio di razze diverse, soprattutto nella sua Norvegia. Il suo modo di pensare, per quanto sbagliato, segue un filo logico, al contrario di tanti altri assassini che sono colpito da raptus o presentano evidenti e disturbate malattie psichiche.

E mentre il mondo piange e ricorda le vittime di Utoya, qualche italiano pensa bene di esprimere un'opinione azzeccatissima (soprattutto a soli tre giorni dall'accaduto) con il cinismo ed il garbo di uno che parla di un indecente film horror in cui ha rilevato incongruenze. 
"Ma è incredibile come (...) ognuno pensi a salvare se stesso, illudendosi di spuntarla."
Ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, così come sto facendo io in questo momento, ma la differenza netta è che il suo è un giornale nazionale di rilevante importanza, il mio è un piccolo blog senza obbligo di autocensura. Inviterei caldamente il Signor Feltri ad aprire un suo blog personale, dove potersi dilettare con lo scrivere, senza scatenare putiferi, le sue affascinanti teorie antropologiche. (Leggi l'articolo)
Oppure l'altro italiano, Borghezio, quello che ritiene buone, se non ottime, le idee di Breivik. Ha condannato il suo grave gesto, certo, ma l'ha comunque preso come esempio giusto di ideologia. (Leggi la notizia)

Un ultimo punto: la legge norvegese. Detto da un italiano può sembrare un enorme paradosso, quindi lo riporto su un piano internazionale. Con quale criterio si danno 7 anni per l'omicidio di una persona, e se ne danno al massimo 21 (o 30, nel caso italiano) per quello di 90?
L'Isola di Utoya, teatro della strage.
La trovo una cosa insensata, uno sconto evitabile della pena. Non si può dare un forfait di anni di galera per l'uccisione di così tante persone. Se ne uccidi uno è omicidio premeditato aggravato dal movente eccetera eccetera.. ma se ne ammazzi 90 in più è strage. Come se la morte di ogni singolo ragazzo valesse la divisione fra anni di galera (21) e il numero di tutte le vittime (93): poco meno di 3 mesi. Come se qualcuno, fra quelle giovani vittime, non avesse incontrato gli occhi di ghiaccio dell'assassino, implorato pietà e accasciatosi a terra sotto i colpi mortali della mitraglia. No, è strage. Ed era un pazzo.

martedì 14 giugno 2011

ITALIA SI', ITALIA NO..


In tutti e 4 quesiti, circa il 95% dei cittadini ha votato SI'

E' fatta, il quorum è stato raggiunto. Occorreva il 50% + 1, ma è arrivato al 57%. Erano sedici anni che in Italia non veniva raggiunta la soglia minima per convalidare un referendum, dal 1995, quando la Carrà presentava il primo "Carramba che sorpresa" e in america usciva "Forrest Gump".
Adesso l'Italia ha deciso, ha dimostrato che non le piace star ferma ad attendere che gli altri decidano per lei ed ha così impresso la sua opinione sulle quattro schede che le sono state assegnate.
Rimane scritto, sancito: l'Italia del 2011 pensa che le centrali nucleari non debbano risiedere sul suo territorio, che l'acqua sia un bene pubblico e che la legge sia uguale per tutti. Con questa decisione si apre in definitiva la caccia alle interpretazioni di tale voto.
E' una sconfitta del governo, annuncia l'opposizione.
Non ha un valore politico, replica la maggioranza.
Fatto sta che quando si raggiunge un obiettivo comune, tutti prendono la rincorsa e saltano in cima all'ormai conosciutissimo carro dei vincitori; viene fuori che tutti, in fondo, speravano nel raggiungimento del quorum e nella salvaguardia dell'acqua pubblica, nel nucleare da non fare in Italia ecc.
Anche quelli che chiedevano di astenersi, adesso si dichiarano piuttosto contenti del risultato. Nessuno ammette le proprie sconfitte, nessuno vuole ritrattare le vecchie parole. Semplicemente.. non le ha mai pronunciate!
I cittadini, quelli che hanno votato (tanti, ma non tantissimi), sono stati chiamati all'attenti grazie all'informazione circolata su internet per tutto questo tempo. Internet, questo marchingegno pericoloso ma utilissimo che corre come una bestia indomabile di casa in casa a risvegliare le coscienze e sollevare dei dubbi nelle teste delle persone, è stato uno dei principali canali responsabili della buona affluenza ai seggi. L'avvento di Facebook ha poi amplificato la voce del passaparola, trasformando il bisbiglio in un richiamo potente e altisonante.
Dicevamo: adesso sono partite le interpretazioni e la politicizzazione del risultato. Certo è che un netto Sì al all'abrogazione del legittimo impedimento (per l'opposizione campagna negativa del Presidente del Consiglio Berlusconi) ha rimandato la mente degli italiani alle problematiche penali del capo del Governo e, di conseguenza, si può definire come una sconfitta dello stesso, viste le alte probabilità di utilizzo di tale legge come deus ex machina per le sue vicende penali. In questo senso è lecito dichiarare un vincitore ed uno sconfitto.
D'altro canto si può affermare anche che molta gente si è presentata ai seggi perchè l'interesse verso il nucleare e l'acqua pubblica ha riacceso il suo senso civico, lasciato purtroppo a impolverire in tutti questi anni. Ci sono vari aspetti da tenere presente, anche perchè chi ha votato non è detto che sia di una sola parte politica e non è scontato che la pensi come tutti gli altri sul fronte degli sconfitti e dei vincitori.
E' stato chiesto al paese di esprimersi su alcune questioni importanti; il paese ha votato basandosi sulle proprie idee, non sulle ideologie dettate dal capo di un certo partito.
Adesso ogni cittadino dovrebbe coscienziosamente riflettere sull'esito del voto e trarne le proprie giuste conclusioni: i politici dovrebbero obiettivamente capire che gli italiani hanno definitivamente detto NO a acqua privata, nucleare e legittimo impedimento; chi ha votato, consapevolmente deve rivalutare le idee che ha nei confronti di chi non voleva raggiungere il quorum e aspettarsi che vengano presi i dovuti provvedimenti. Chi non è andato a votare per scelta.. beh essendo stato in silenzio per tutto questo tempo, può continuare a starci senza problemi, ma magari scendendo (sempre con religioso silenzio) da quel carro ormai stracolmo di entusiasti.